Dubbio nr. 2

Semplicità di Vita
L’erba del vicino…?
La pandemia, con decisione, ci ha insegnato quanto può esser povera una vita umana se manca di slanci fisici e affettivi, se la si priva di contatto vero.
Ricordo di aver detto, in più di un’occasione, quanto sia bello guardarsi negli occhi e come siano loquaci gli sguardi. Lo confermo: è vero. Uno sguardo dice tanto, tantissimo, forse troppo e non mente, ma dev’essere uno sguardo colto da vicino, da molto vicino.
Oggi, dopo le vicende del Covid 19, 20 e 21 , devo correggermi e ammettere che gli stessi occhi, senza i sorriso delle labbra, non riescono a dire, a poter dire, ciò che li anima davvero dentro. Così lo sguardo si
smarrisce, si confonde e ci confonde scadendo in un anonimato che non gli appartiene e lo rende spento.
Il brillare di uno sguardo ci arrivava e colpiva con immediatezza, al primo incrociarlo, e così anche il luccicore di una lacrima e la vibrazione di un timore. Il linguaggio degli occhi – ci siamo detti – è impossibile non leggerlo! –
Era ed è vero: nulla può sostituirlo; però… Però se quello sguardo lo si isola dal contesto del viso, lo si priva della mobilità, incerta e significativa, della bocca, in particolare delle labbra, lo sguardo impoverisce, perde di loquacità e fa fatica a toccarci nell’intimo.
Avremmo dovuto intuirlo riflettendo sull’intelligenza del grande unico artefice del creato, che non ha lasciato nulla al caso e ha dato un senso a tutto rendendo possibili, soprattutto, diverse armonie dipendenti proprio dal modo di collocare le singole parti nel tutto e nel fare, dell’interdipendenza tra esse, l’origine dell’individualità e dell’armonia, la vera grande finalità della vita e del creato.
In un viso non è facile dire quale parte giochi un ruolo più importante rispetto alle altre parti. Riflettiamo su di noi: è’ bastato indossare delle mascherine sulla bocca per capire quanto fosse importante e che ruolo significativo riuscisse ad avere un sorriso accennato o negato oppure una
semplice smorfia.
Ognuno di noi è come una grande orchestra che può suonare di tutto senza che noi neppure ci rendiamo conto degli strumenti che abbiamo e di quanto tutti, ma proprio tutti, siano importanti nella funzione che svolgono. Poi un giorno ci capita di avvertire un piccolo fastidio, che ne so? Magari al ditino del piede, una puntina di callo incipiente che inizia a procurarci un piccolissimo fastidio.
A ben riflettere abbiamo fatta tanta strada, percorso viottoli, prati, affrontato salite davvero erte e discese scoscese, ci siamo mossi con noncuranza per le vie cittadine, dentro casa e mai, dico mai, che
avessimo rivolto un solo, minuto pensiero, o accenno di pensiero, all’amico “ditino del piede”.
Forse lo abbiamo ignorato persino nell’indossare i calzini. Non era nei nostri pensieri, tra le nostre priorità e perciò, non pensandolo, era come se non esistesse. Almeno per noi.
Poi, all’improvviso, quella puntina di callo incipiente lancia uno strano messaggio, di piccolissimo minimo malessere, e, da quel momento, tutto comincia a parlarci di “ditino del piede”, ripetutamente, e la
giornata si riempie di ditino… ditino… ditino…, piede…, piede…, piede…! Così ci ritroviamo spinti a non avere attenzioni che per lui, solo e soltanto per lui. Per forza-, potrebbe dirci qualcuno, -… Fa male, mica no! – La colpa sarebbe del dolore? Ci interessiamo al ditino del piede perché fa male? Però è accaduto anche che una persona, sconosciuta fino al giorno prima o, almeno, a noi indifferente, per una strana coincidenza ci si ritrovi ad incrociarla in un momento particolare, magari durante un concerto.
La vediamo felice, coinvolta nell’evento, sorridente… Proviamo una certa simpatia e, da allora, quella persona comincia ad occupare sempre più spazio nei nostri pensieri.
Mangiamo e vorremmo mangiare insieme a lei o a lui; abbiamo un minuto di tempo libero e vorremmo poterlo trascorrere con lei o con lui.
Insomma una persona inesistente fino a qualche giorno prima all’improvviso diventa l’unico pensiero e tutto il resto scompare, perde di senso.
E’ esattamente quello che avviene con l’incipiente puntina di callo al “ditino del piede” , quello che fa male. Solo che questa volta il pensiero di lei o di lui non fa male, non ci procura dispiacere, ma piacere.
E allora? Piacere e dispiacere hanno la stessa forza e producono lo stesso effetto? Può essere?
Le cose, di per sé, non sono né buone né cattive; è la nostra considerazione in un particolare momento a renderle gradevoli o sgradevoli, apprezzabili o trascurabili.
Nei piccoli paesi accadeva spesso che i giovincelli del posto dessero scarsa importanza alle ragazze del luogo e, quasi ritualmente, nei fine settimana, la domenica, si spostavano nei paesi viciniori per tentar
conquiste. Ovviamente anche i ragazzi dei paesi viciniori si portavano nel nostro a tentar la stessa sorte.
Il via vai durava fino a quando si apprendeva che il “Pierino” del paese vicino aveva chiesto ufficialmente la mano della “Pierina ” nostrana e, a sentir le comari, si dava vita al fidanzamento ufficiale con conseguente progetto di matrimonio .
C’era di che parlarne per giorni, ma per tanti c’era anche da mordersi le mani, da prendersi a schiaffi
per davvero…!
E sì, perché ora i giovincelli del posto s’accorgevano della bellezza e delle grazie nascoste della “Pierina”, del suo modo d’incedere, della voce carezzevole, del bel taglio d’occhi, della bella bocca carnosa… Insomma ogni dettaglio, scoperto e apprezzato, era una coltellata in più che andava a conficcarsi nel fianco di quei giovincelli sprovveduti che si erano dati a girovagare per i paesi vicini e, ora, soltanto ora, s’accorgevano di avercelo in casa il tesoro cercato, ma di non averlo saputo apprezzare e di averlo perso per sempre.
A consolare gli sconsolati c’era, fortunatamente, il bontempone del posto che, con la saggezza dei semplici (… secondo me, dei furbi in incognito ! ), in piazza, incrociandoli volutamente, iniziava a sentenziare parlando quasi a se stesso, anche se con tono di voce sostenuto, chiaro e ben indirizzato, e mettendo in sequenza, con dovizia di pause e sguardi allusivi, una breve e studiata teoria di saggezza popolare ad hoc :
“… Chi tardi arriva male alloggia…! … Chi troppo vuole nulla stringe…! …Chi tanto sceglie, porco capa…!”
Poi, riprendendo fiato, entrava più nello specifico:
“… Moglie e buoi dei paesi tuoi…! …Moglie di tua villa e compar di cento miglia…!”
Alla fine, chiudendo, chiosava: “Sappiatelo” : l’erba del vicino sembra più verde, ma non sempre lo è !”
Oggi ne sono convinto. Davvero.
Enea Di Ianni
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